Duca di York e secondogenito di re Giorgio V, Bertie è afflitto dall'infanzia da una grave forma di balbuzie che gli aliena la considerazione del padre, il favore della corte e l'affetto del popolo inglese. Figlio di un padre anaffettivo e padre affettuoso di Elisabetta (futura Elisabetta II) e Margaret, Bertie è costretto suo malgrado a parlare in pubblico e dentro i microfoni della radio, medium di successo degli anni Trenta. Sostituito il corpo con la viva voce, il Duca di York deve rieducare la balbuzie, buttare fuori le parole e trovare una voce. Lo soccorrono la devozione di Lady Lyon, sua premurosa consorte, e le tecniche poco convenzionali di Lionel Logue, logopedista di origine australiana. Tra spasmi, rilassamenti muscolari, tempi di uscita e articolazioni più o meno perfette, Bertie scalzerà il fratello “regneggiante”, salirà al trono col nome di Giorgio VI e troverà la corretta fonazione dentro il suo discorso più bello. Quello che ispirerà la sua nazione guidandola contro la Germania nazista.
Opera incredibilmente intelligente e toccante, Il discorso del re, fa ridere, commuove e coinvolge lo spettatore con incredibile maestria. Tratto da una storia vera e si vede, non ha mai una nota falsa o manierata, ma è sempre concreto, diretto, sincero. Il merito è certamente dell'incredibile ensemble di attori e della perfetta regia dell'ottimo Tom Hooper. Colin Firth si riconferma uno degli attori migliori in circolazione (dopo la struggente interpretazione di George Falconer in 'A single man' di Tom Ford), calandosi con meticolosa perfezione nel personaggio del balbuziente e tormentato Giorgio VI, re controvoglia, Geoffrey Rush lo accompagna con una delle sue migliori interpretazioni e insieme creano una coppia perfetta, affiatata, viva e sincera, con una una chimica e un affiatamento tali da lasciare impressionati. in questo film la recitazione è innegabilmente di prim'ordine, con un cast in stato di grazia: oltre ai due protagonisti, che possono dirsi sul serio all'apice della loro carriera recitativa, vanno annoverati Helena Bonham Carter, che nel ruolo di Elisabetta moglie di Giorgio, brilla per determinazione, fierezza e amore per il marito, Michel Gambon, nell'intimadatorio e solenne ruolo di Giorgio V, Guy Pearce, fratello maggiore di Giorgio che abdica dal trono per amore di una popolana di Baltimora pluridivorziata, Timothy Spall, perfetto Winston Churchill, grezzo, deciso e mai diviso dal suo fedele sigaro e tutta un'altra serie di attori come Derek Jacobi e Jennifer Ehele che, anche se in ruoli minori, non sfigurano in questo cast d'indiscutibile qualita'artistica. Tom Hooper dal canto suo dirige la compagnia di attori con lodevole maestria, catturando ogni singolo dettaglio ed emozione costruendo personaggi e relazioni interpersonali a 360 gradi, umane, forti, sfaccettate, reali. Il regista ha anche la capacità di usare la perfetta scenografia in modo da ricreare un ambiente realistico e naturale, perfettamente adatto e credibile, e allo stesso tempo quasi espressionista, deformato, claustrofobico, a sottolineare la pressione incombente sul povero regnante. Possiamo infatti dire che proprio i mari di folla e i microfoni, soprattutto i microfoni, sono i veri antagonisti, grigi, paurosi e onnipresenti, tormento di Giorgio VI e nemico che dovrà affrontare e che alla fine vincerà.
Un film di rara bellezza e sentimento, che passa con maestria dal dramma alla commedia senza mai dimenticare di stare riportando fatti reali, un film storico senza le pesantezze retoriche e manieristiche dei kolossal di genere, una perla di leggerezza e umanità che coinvolge lo spettatore e lo fa uscire dalla sala con la piacevole sensazione di aver passato due gradevolissime ore ad ascoltare un'interessante storia (storica) narrata da un amico.
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