venerdì 18 novembre 2011

Immortals

Re Iperione ha un progetto folle: liberare i Titani. Siamo nel 1200 a.C., gli dei dell'Olimpo da tempo immemore hanno sconfitto i Titani e li hanno rinchiusi nel monte Tartaro, solo l'arco forgiato da Marte potrà liberarli. Nessuno però sa dove sia nascosto e solo una veggente potrebbe rivelarlo.
Tra Iperione e la veggente sta però Teseo, figlio bastardo, ripudiato dalla propria città, ma pronto a battersi contro l'uomo che davanti ai suoi occhi ha sgozzato la madre. Il suo asso nella manica è che nonostante non lo sappia nemmeno lui, Teseo da quando è bambino è stato in realtà addestrato da Zeus in persona.
Dell'ispirazione epica, dei personaggi realmente raccontati nei miti greci e della titanomachia, da cui Immortals prende le mosse, è inutile parlare per fare improbabili confronti, a Tarsem Singh non interessa certo l'aderenza al mito. Tutto è piegato alle esigenze di un racconto che rende moderno l'intreccio e americani (nei gesti, nelle movenze, nelle parole, nelle azioni, nelle decisioni e nella morale) i personaggi che portano nomi classici. Ma la contraddizione di Immortals è proprio di rifiutare il mito a livello di racconto e cercare l'epica nella forma.
Il punto di forza del film infatti sta da un'altra parte, in quell'idea (promossa da 300 e qui replicata fedelmente) che una dimensione realmente epica debba essere visivamente straniante e, nello specifico, pittoricamente alterata in postproduzione. Il risultato è stupefacente e capace di andare anche oltre il modello originale ( 300, non i miti greci) per inventiva, gusto grafico e audacia. In questo senso funziona moltissimo un 3D ben calibrato e aiutato da riprese e angolature che esaltano la prospettiva.
Ma se il film tratto dalla graphic novel di Frank Miller aveva un contenuto che procedeva di pari passo alla propria forma, se cioè sapeva ritrarre un mondo dai valori altamente fuori dal tempo (e per questo altamente epici) con un'estetica di egual arroganza, questo Immortals somiglia di più a uno Scontro tra titani (sia l'originale che il remake).
Stesso vale per gli attori, invece che essere irriconoscibili, per mimesi e aderenza al contesto, sono fin troppo evidenti i volti di Mickey Rourke, Freida Pinto ed Henry Cavill, maschere moderne addobbate con abiti e con un trucco che suonano sempre irrimediabilmente fasulli.
Alla fine per Immortals va davvero rispolverata l'abusata metafora che accosta i film ben realizzati ma poveri di contenuti a spot pubblicitari, perchè stavolta il volto degli attori è utilizzato per essere notato e riconosciuto invece che per mescolarsi al resto degli elementi.

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