domenica 27 novembre 2011

Anonymous

Shakespeare era veramente quello che crediamo? Se lo chiede un anziano su un palco teatrale e così facendo introduce l'inizio di una storia in costume che mette in scena una delle molte tesi sull'identità di questo autore.
Nell'Inghilterra cinquecentesca di Elisabetta I è disdicevole scrivere per il teatro se si è il duca di Oxford, così Edward De Vere paga un attore per assumere lo pseudonimo da lui inventato di Shakespeare e mettere in scena le sue opere spacciandole per proprie, così che possano finalmente essere rappresentate. Il successo è clamoroso, ma nell'ombra qualcuno trama ed è pronto a svelare il misterioso legame che lega il Duca alla regina.
La storia della vera paternità delle opere di Shakespeare è tra le meno note, invece quella di Anonymous è tra le più risapute, quella cioè di un film parabiografico e fantastorico, che ricostruisce un periodo con accuratezza per poter mentire sugli eventi che vi capitarono e le figure che lo abitarono, tagliando la storia di Shakespeare per ritrarla come un dramma shakespeariano.
Ci sono registi che sanno pensare solo in grande, a prescindere da quel che girano, Roland Emmerich è uno di questi. Con Anonymous passa dall'impatto di catastrofi giganti sulle vite di piccoli uomini, all'impatto di figure storiche giganti sulla storia della letteratura. La regina d'Inghilterra, il (forse) vero Shakespeare, l'attore che gli ha prestato le fattezze come le conosciamo oggi e infine William Cecil, potentissimo consigliere di corte, sono i personaggi titanici di un film che mantiene la volontà di Emmerich di affrontare un tema ai massimi livelli.
Certo il regista di Independece Day e 2012 non si trova a suo agio con i dialoghi tanto quanto sembra esserlo tra i palazzi che crollano, così ogni tanto qualche ampia visuale a volo d'uccello e qualche corsa a cavallo, hanno il sapore liberatorio dell'ora d'aria di un carcerato.
Tra le mura dei palazzi reali come tra quelle del Globe Theatre, Emmerich sembra sempre rincorrere qualcosa che non trova. Non è il mistero dell'identità di Shakespeare (del quale sembra importare molto poco a questo film fatto solo di certezze) quanto la voglia insopprimibile di definire e mostrare al pubblico ancora una volta il non mostrabile, un personaggio tra i più venerati della storia anglo sassone, l'autore che è la matrice di tutte le dinamiche cardinali del cinema blockbuster hollywoodiano e una delle penne più influenti della narrazione contemporanea mainstream.
Anonymous guarda a Shakespeare come si guarda Godzilla, cercando di farlo entrare tutto in un quadro per coglierne la portata ma non riesce mai a definirne la sua grandezza come vorrebbe. A questo non giova la natura di biopic del film (sebbene molto sui generis), il ritratto è infatti pieno di luci (autentiche) ed ombre (che si rivelano luci mascherate prima che si possa avere un dubbio sul soggetto della storia), ma mai di un'autentico squarcio di grandezza umana o professionale.
Non fosse per la sequenza della folla infervorata dalla rappresentazione del Riccardo III, si direbbe che il film non ha nemmeno amore per le opere shakespeariane.

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