martedì 29 dicembre 2009

La principessa e il ranocchio

New Orleans, età del jazz. Tiana lavora sodo e senza sosta per accumulare il denaro che servirà a realizzare il sogno che lei e il padre formularono quando era bambina: un ristorante, con ottimo cibo e ottima musica. Intanto il principe reale Naveen sbarca in Lousiana e le ragazze della città impazziscono per vederlo, ma lui si lascia presto abbindolare dal malvagio Facilier, dedito alle arti oscure, e finisce trasformato in un ranocchio. Scambiando la bella Tiana per una principessa, nel corso di una festa da ballo, implora da lei il bacio che, secondo le favole, lo farà tornare umano ma accade l'imprevisto ed è Tiana a trasformarsi a sua volta in una graziosissima, viscida ranocchia.Per poter donare la felicità agli altri, attraverso il piacere del cibo, Tiana dovrà prima conoscere la felicità per sé, attraverso l'amore, e capire che un sogno non è pienamente bello se non è condiviso. Ad un certo punto il principe dovrà prendere il posto di suo padre, così vuole la fiaba e la vita. Ci sono mondi, però, dove l'incontro tra la sguattera e il signorino non ha chances e mondi dove tutto è possibile, che i coccodrilli suonino la tromba, che un'allegra vecchietta del Bayou si diletti di voodoo a 197 anni, che una lucciola corteggi una stella e che la cameriera e il principe si ritrovino accumunati per avventuroso e sentimentale destino. Al quarantanovesimo film, la Disney si rinnova guardando al passato, tornando al disegno fatto a mano, ai fratelli Grimm, ad un'ambientazione in parte metropolitana, abitata da esseri umani, e in parte più fiabesca, immersa nella natura, in quel regno animale che da sempre ha qualcosa da insegnare al primo, in termini di verità, di libertà, di collaborazione. O improvvisazione collettiva, per dirla in chiave jazz. Come nella fiaba di partenza, che qui dà esclusivamente il la, il viaggio nel regno animale è un momento necessario e circoscritto, prima dell'ingresso nel mondo adulto, ma la scelta di ambientare il lungometraggio a New Orleans, sotto questa luce, non risponde solo ad un banale criterio di diversificazione ed esotismo, ma anche all'individuazione di un luogo dove tradizione e innovazione vanno a braccetto e dove la festa che viene presa maggiormente sul serio è la follia del carnevale.

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