"L'Emilia è quel pezzo di terra voluto da Dio per permettere agli uomini
di costruire la Ferrari. Gli Emiliani sono così. Devono fare una
macchina? Loro ti fanno una Ferrari, una Maserati e una Lamborghini.
Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati. Devono fare un
formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano. Devono fare due
spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla. Devono farti
un caffè? Loro ti fanno la Saeco. Devono trovare qualcuno che scriva
canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Dalla, Morandi, Vasco,
Liga. Devono farti una siringa? Loro ti tirano su un'azienda
biomedicale. Devono fare 4 piastrelle? Loro se ne escono con delle
Maioliche. Sono come i giapponesi, non si fermano, non si stancano, e se
devono fare una cosa, a loro piace farla bene e bella, ed utile a
tutti... Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto... Loro alla
fine faranno cattedrali!"
da IL RESTO DEL CARLINO
"Quante volte ve lo devo dire! La vita non è perfetta, le vite nei film sono perfette, belle o brutte, ma perfette, nei film non ci sono tempi morti, la vita è piena di tempi morti, nei film sai sempre come va a finire, nella vita non lo sai mai."
giovedì 7 giugno 2012
lunedì 4 giugno 2012
Quelli che:“vacca ragàz moc’bròt lavòr, anche se mi ha svegliato mia moglie perché io non m’ero accorto di niente. Mè a tireva avanti a spiguzér!’’.
Quelli che “sabèt a un zèrt punt a gh’ èra un vèint che mè a iò pinsè subèt teimp da teremòt!”.
Quelli che “a cherdìva d’avergh un camion dal spurgo impiè sàta cà”.
Quelli che “a parìva d’eser inzèma al Tagadà ai Baracòun!”.
Quelli che “al me càn ...l...’iv...a... sintì tòt mez’ora prèma: el bèsti el ghàn na sensibiltè…”. Quelli che “sèint mo chè ca balàm ancàra…quast ché l’è minim un quàter virgola trii ed magnitudo”.
Quelli che “moxa diit?! Quast ché a srà minim minim un zìnc e du in dla schèla Richter!”.
Quelli che “il sussultorio è lofi un bel po’, ma l’ondulatorio l’è dimàndi pèz!”.
Quelli che “mi ricordo quando ha tirato nel ’72… ziocà se abiàm balàto! Credevo che ci fosse della maràia sotto al letto!”.
Quelli che “a Modena siam fortunati perché sotto ciabiàm l’acqua”.
Quelli che invece “sotto ciabiàm la sabbia”.
Quelli che invece sotto “ciabiàm un cimitero pellerossa maledetto”.
Quelli che “mo chissà che cosa ciabiàmo…”.
Quelli che “l’unico lavoro da fare in quei casi qui è mettersi sotto al muro portante” e quelli che hanno l’open space e il muro portante non lo trovano.
Quelli che “comunque nella bassa ciànno ‘na grinta che si tirano su in cinque minuti, a t’al dègh mè!”.
Quelli che “mo boia d’un mànd lèder c’at gnèsa n’azidèint al teràmòt… an psìva menga tirèr a Montecitorio invece che a Finèl o a Miràndla?”.
Quelli che “chissà adèsa al parmigiano sàl gnarà a custèr…”.
Quelli che “comunque al s’era capì che la Notte Bianca la porta sfiga”.
Quelli che “più che la Notte Bianca le mèi dir la Notte Maya”.
Quelli che “bèmo ragàz, asrà la sugestiòun mo da quando c’è stato il terremoto tòt el voltic’am mèt a séder inzèma al water am pèr d’ èser in berca:am bàla la tèra sàta i pè!”.
Quelli che a partire dalle 4.04 della notte tra sabato 19 e domenica 20 maggio 2012 hanno una crepa e un mucchietto di macerie nel cuore: tutti quanti noi emiliani.
Quelli che “sabèt a un zèrt punt a gh’ èra un vèint che mè a iò pinsè subèt teimp da teremòt!”.
Quelli che “a cherdìva d’avergh un camion dal spurgo impiè sàta cà”.
Quelli che “a parìva d’eser inzèma al Tagadà ai Baracòun!”.
Quelli che “al me càn ...l...’iv...a... sintì tòt mez’ora prèma: el bèsti el ghàn na sensibiltè…”. Quelli che “sèint mo chè ca balàm ancàra…quast ché l’è minim un quàter virgola trii ed magnitudo”.
Quelli che “moxa diit?! Quast ché a srà minim minim un zìnc e du in dla schèla Richter!”.
Quelli che “il sussultorio è lofi un bel po’, ma l’ondulatorio l’è dimàndi pèz!”.
Quelli che “mi ricordo quando ha tirato nel ’72… ziocà se abiàm balàto! Credevo che ci fosse della maràia sotto al letto!”.
Quelli che “a Modena siam fortunati perché sotto ciabiàm l’acqua”.
Quelli che invece “sotto ciabiàm la sabbia”.
Quelli che invece sotto “ciabiàm un cimitero pellerossa maledetto”.
Quelli che “mo chissà che cosa ciabiàmo…”.
Quelli che “l’unico lavoro da fare in quei casi qui è mettersi sotto al muro portante” e quelli che hanno l’open space e il muro portante non lo trovano.
Quelli che “comunque nella bassa ciànno ‘na grinta che si tirano su in cinque minuti, a t’al dègh mè!”.
Quelli che “mo boia d’un mànd lèder c’at gnèsa n’azidèint al teràmòt… an psìva menga tirèr a Montecitorio invece che a Finèl o a Miràndla?”.
Quelli che “chissà adèsa al parmigiano sàl gnarà a custèr…”.
Quelli che “comunque al s’era capì che la Notte Bianca la porta sfiga”.
Quelli che “più che la Notte Bianca le mèi dir la Notte Maya”.
Quelli che “bèmo ragàz, asrà la sugestiòun mo da quando c’è stato il terremoto tòt el voltic’am mèt a séder inzèma al water am pèr d’ èser in berca:am bàla la tèra sàta i pè!”.
Quelli che a partire dalle 4.04 della notte tra sabato 19 e domenica 20 maggio 2012 hanno una crepa e un mucchietto di macerie nel cuore: tutti quanti noi emiliani.
venerdì 1 giugno 2012
Puoi spezzare la nostra terra, ma non il nostro coraggio.
Gentile Sig. Terremoto, c'è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto:
Per chiamarci non basta una parola sola : Emilia Romagna, Emiliano
Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e
poi non bastano neanche quelle.
Perché siamo tante cose, tutte
insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti
ghiaccia il respiro, e una estate... tropicale che ti scioglie la testa,
e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere
un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte
all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’italia, la terra e l’acqua
che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere
alla fine del mondo.
Città d’arte e distretti industriali, le
spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso
soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le
viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che
lavora a Bologna, dorme a Modena, e va a ballare a Rimini come diceva
Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che
si chiama Emilia Romagna.
Siamo tante cose, tutte diverse e tutte
insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al
centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche
noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud
vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia
Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa da ma qualcosa
prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto
qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha decido di
rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un
posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le
cose.
Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e
piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e
il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci
come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano
tirate con il righello.
E si fa per avere certo, anche per essere,
ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le
biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo.
In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di
quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno
dei torellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica
solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in emilia romagna;
ecco la gente lo studia quello che mangia, perché ogni cosa, anche la
più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non
resta lassù per aria, poi la si mangia. se in tutti i posti del mondo i
cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa
in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente
che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme
per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative,
consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che
batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però
con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose li, e quello che
resta da fare va bene, diventa un altro sogno.
A Volte ci riusciamo
a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante
contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non
ci stanno proprio, però convivono sempre.
Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta.
Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci
paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa
terra l’amo e come mi ha detto una persona di Mirandola poche ore fa…
questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai. [Marco Barbieri - San
Giovanni in Persiceto]
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