Nel 1849 Edgar Allan Poe vive a Baltimora in pessime condizioni
economiche, elemosinando bevute nelle locande e qualche angolo nei
giornali locali per pubblicare le sue poesie. Unica luce della sua
esistenza è Emily, la giovane e ricca figlia di un militare in pensione,
che lo scrittore è intenzionato a sposare contro il fermo volere del
padre. Una notte, la polizia ritrova il cadavere di due donne, una madre
e una figlia, in un appartamento chiuso dall'interno senza possibili
vie di fuga. L'ispettore Emmett Fields riconosce nella scena
dell'omicidio gli stessi dettagli narrati da Poe nel racconto I delitti della Rue Morgue
e decide di coinvolgerlo nelle indagini. Lo scrittore diviene così suo
malgrado l'unica persona in grado di interpretare gli indizi lasciati
sul luogo dall'estimatore assassino.
Prima ancora di instillarsi come un potente veleno in tutti i thriller e
gli horror della storia del cinema, Edgar Allan Poe ha dato vita al
romanzo giallo così come ancora oggi lo conosciamo. Dando
un'interpretazione macabra e fantasiosa a quegli ultimi giorni avvolti
nel mistero che ne hanno preceduto la morte, The Raven utilizza un espediente metaletterario non dissimile da quello messo in gioco da Shakespeare in Love:
trasformare uno scrittore realmente esistito in un personaggio delle
sue opere. Ma più che essere un raffinato esercizio stilistico di
cultura letteraria, The Raven è un “serial thriller” che gioca
con la fantasia di Poe unicamente come pretesto per realizzare una
catena di sanguinosi delitti e costruirci attorno un racconto del
mistero. Niente a che vedere, quindi, né con Roger Corman, né con Vincent Price; piuttosto il film è un tentativo di calcare il successo del moderno Sherlock Holmes di Guy Ritchie
e di fare del fervido scrittore un detective d'azione, meno incline al
decadentismo bohémien che alle corse contro il tempo e alla logica
abduttiva.
Se il regista di V per Vendetta fa il copycat fra le atmosfere neogotiche di From Hell, gli omicidi efferati di Saw e i titoli di testa arty di David Fincher,
gli sceneggiatori compiono un lavoro simile creando un'opera di
cartapesta in cui scampoli dei delitti di Poe vengono applicati sui
canoni più obsoleti e le soluzioni più pedestri del mystery.
In
questo “ritratto ovale” senza una vera anima, né orrorifica, né
d'azione, John Cusack è chiamato a posare un po' come Monsieur Dupin e
un po' come uno degli scrittori dei romanzi di Stephen King, ma senza
riuscire a trasmettere né l'ironica arguzia del primo né le ossessioni
suggestive dei secondi. Così, orfana del proprio lirismo immaginifico e
intrappolata in una storia senza spunti accattivanti o seducenti, alla
figura di Poe non restano che le uniche parole pronunciate dal suo
Corvo: “Mai più”.
"Quante volte ve lo devo dire! La vita non è perfetta, le vite nei film sono perfette, belle o brutte, ma perfette, nei film non ci sono tempi morti, la vita è piena di tempi morti, nei film sai sempre come va a finire, nella vita non lo sai mai."
mercoledì 25 aprile 2012
La mappa del destino di Glenn Cooper
Per settencento anni è rimasto nascosto in un muro dell'abbazia. Poi una scintilla ha scatenato un incendio e il muro è crollato. Stupito, l'abate Menaud sfoglia quel volume impreziosito da disegni di animali e di piante. E' scritto in codice, ma le prime parole sono in latino: Io, Barthomieu, monaco dell'abbazia di Ruac, ho duecentoventi anni. E questa è la mia storia.
Per migliaia di anni è rimasto immerso nell'oscurità. Poi un'intuizione ha squarciato le tenebre. Incredulo, l'archeologo Luc Simard cammina in quel grandioso complesso di caverne, interamente decorate con splendidi dipinti rupestri. E arriva all'ultima grotta, la più sorprendente, dove sono raffigurate alcune piante: le stesse riprodotte nell'enigmatico manoscritto medievale.
Per un tempo indefinibile è rimasto avvolto nel mistero. E' stato custodito da santi e da assassini, è stato una fonte di vita e una ragione di morte. Poi un imprevisto ha rischiato di svelarlo agli occhi del mondo. Spietati, gli abitanti di Ruac non hanno dubbi: i forestieri devono essere fermati. Perché la cosa più importante è difendere il loro segreto. A ogni costo.
Per migliaia di anni è rimasto immerso nell'oscurità. Poi un'intuizione ha squarciato le tenebre. Incredulo, l'archeologo Luc Simard cammina in quel grandioso complesso di caverne, interamente decorate con splendidi dipinti rupestri. E arriva all'ultima grotta, la più sorprendente, dove sono raffigurate alcune piante: le stesse riprodotte nell'enigmatico manoscritto medievale.
Per un tempo indefinibile è rimasto avvolto nel mistero. E' stato custodito da santi e da assassini, è stato una fonte di vita e una ragione di morte. Poi un imprevisto ha rischiato di svelarlo agli occhi del mondo. Spietati, gli abitanti di Ruac non hanno dubbi: i forestieri devono essere fermati. Perché la cosa più importante è difendere il loro segreto. A ogni costo.
venerdì 13 aprile 2012
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